La pandemia da Covid-19 ha causato un’interruzione nell’economia globale che non ha precedenti e che sta avendo un impatto enorme sul benessere e sui mezzi di sussistenza in Africa, tanto da aver causato la prime recessione nel continente negli ultimi 25 anni.
Il Brookings Institution, un’Organizzazione non profit con sede a Washington formata da più di 300 esperti a livello internazionale che si occupa di eseguire ricerche qualitative, analisi in più ambiti sul piano sociale ed economico e fornisce pareri e consigli su nuovi piani di azione a livello globale, durante la pandemia da Covid-19 ha pubblicato uno studio in cui elabora delle proposte di ripartenza per i governi africani.
L’analisi offerta dall’Organizzazione pone il suo centro su ‘come ricostruire meglio’ il tessuto economico in Africa e identifica come fondamentali due approcci: aumentare la resilienza e incoraggiare l’ingresso di nuove imprese nel sistema produttivo africano.
Il contesto causato dalla diffusione della pandemia in Africa
Le conseguenze delle pandemia hanno minacciato la sopravvivenza di aziende e imprese così come all’interno dei nuclei famigliari è aumentata l’insicurezza alimentare e la povertà con un calo complessivo degli introiti.
L’impatto, a seconda dei paesi o dei settori economici, è stato diverso, ma il principale effetto nel mercato del lavoro negli Stati africani è stato di diminuire i guadagni e aumentare sia la sotto-occupazione (con riduzione dell’orario di lavoro) che la disoccupazione in senso assoluto.
Il colpo subito per il continente è stato molto duro tanto che lo stato di sofferenza è evidente ad ogni livello; ciò ha portato i governi africani, per limitare eccessive ripercussioni, ad agire principalmente su due piani: quello economico e quello sanitario.
Ora al centro del dibattito per la ripartenza l’accento va messo su come ricostruire e ricrescere nel migliore dei modi. La domanda che bisogna porsi è cosa questo comporti a livello occupazionale e per le possibilità di sussistenza dei giovani e delle persone in età lavorativa.
Un nuovo modo di agire
L’invito per i governi dei Paesi africani – proposto dall’Organizzazione – è di spostare il focus dei loro obiettivi economici e di cercare di andare oltre i tradizionali propositi di stabilità macroeconomica, di crescita, di trasformazione continua e di capacità di recupero.
La probabilità che in futuro i Paesi africani possano trovarsi in condizioni ancora più difficili a causa di eventi interni o esterni non è affatto esigua.
Potrebbe trattarsi di cambiamenti climatici, di una nuova pandemia o di cambiamenti economici esterni: per questo è necessario lo sviluppo di un apparto politico sempre più agile che non solo programmi obiettivi a livello economico ma che sia in grado di pianificare nuove strategie in caso di nuovi shock globali e renda i principali attori economici capaci di muoversi in autonomia in caso di rischio.
L’impatto macro-economico del Covid 19 in Africa
La diffusione delle pandemia a livello globale ha causato nei Paesi africani una crisi sia a livello sanitario che uno shock a livello economico.
La maggior parte di loro sta ora affrontando importanti sfide a livello fiscale: si è innescata una spirale discendente delle attività economiche che ha portato ad un drastico calo della domanda di beni e servizi, soprattutto nel settore dei trasporti e in quello manufatturiero causando una diminuzione dei ricavi derivati dalle imposte dirette.
Il risultato è stato, per la maggior parte dei Paesi, una disavanzo del gettito fiscale ed un aumento del debito pubblico.
A ciò si aggiunge un calo degli investimenti diretti dei Paesi esteri più sviluppati e solitamente investitori dovuto anche ad una recrudescenza dei casi di Covid.
L’incertezza sulla ripresa economica non è affatto scomparsa così come i governi africani hanno scarsità di fondi per adottare politiche di espansione fiscale.
Nonostante l’assistenza data dalle istituzioni finanziarie internazionali la sicurezza di ottenere risorse economiche per fermare la contrazione e favorire l’occupazione resta una delle sfide maggiori che il continente deve affrontare.
L’impatto sulla forza lavoro – impiego e guadagni
Il mercato del lavoro e le opportunità di impiego nei Paesi africani sono varie tanto quanta è la varietà di ognuno di loro.
La maggior parte delle forza lavorativa però trae i propri profitti dalla produzione domestica: si tratta spesso di aziende agricole a conduzione famigliare che raramente impiegano qualcuno al di fuori della loro cerchia.
Questa peculiarità del sistema produttivo africano è sicuramente un rischio di precarietà così come è un rischio di bassi guadagni o perdita del lavoro nonostante garantisca più protezione in caso di sconvolgimenti esterni.
Anche se la quota occupazionale al di fuori di questo settore è in crescita, per la maggioranza della forza lavorativa l’occupazione salariata resta un’ipotesi difficile da trovare.
Secondo i sondaggi a risposta rapida eseguiti tra la popolazione la maggior parte delle famiglie, indipendentemente dalle loro fonti di guadagno, ha subito una perdita di reddito.
I settori che hanno subito un calo più drastico di posti di lavoro e per cui le previsioni non sono rosee sono il turismo e i servizi connessi (come il trasporto aereo e l’ospitality): per tutto il 2021 per questi settori le difficoltà sono state e rimarranno molte.
Altra area colpita duramente è stata quella edilizia, così come quelle del commercio al dettaglio e dell’esportazione petrolifera.
In tutti i Paesi, le più colpite da perdite di reddito e di posti di lavoro, sono le donne, a causa del calo evidente della domanda nei settori in cui sono più impiegate (turismo, commercio al dettaglio e fabbricazione di indumenti).
In più, sono loro che più spesso hanno dovuto ridurre l’orario di lavoro per prendersi cura dei figli rimasti a casa dalle scuole.
Le categorie più a rischio di perdere il lavoro o di perdere parte del proprio reddito sono stati i giovani e i lavoratori in età più avanzata.
I dati sono purtroppo molto chiari: nella gran parte dei Paesi africani non può esserci una piena ripresa economica fino a quando la pandemia non sarà messa sotto controllo definitivamente.
Gli effetti economici negativi della pandemia nel 2021 sono in fase di calo, per questo i governi africani devono tentare di muoversi al di là delle loro esigenze di stabilizzazione e provare a tornare al loro percorso di crescita, dovendo ora affrontare ‘una nuova normalità’ post pandemia.
Se ora, il filo conduttore, in tutti gli Stati del mondo, è la promessa di cercare di “ricostruire meglio”, in Africa, questo significa intraprendere un percorso di sviluppo inclusivo focalizzato sul miglioramento delle opportunità di lavoro.
L’accento deve essere posto sull’aumento della produttività nel settore informale – soprattutto nei paesi in cui l’occupazione salariata è una quota bassa dell’occupazione totale – e in un aumento del ritmo della creazione di posti di lavoro nel settore formale.
Trasformazione e resilienza
La qualità delle opportunità di lavoro nell’era post Covid-19 nei paesi africani dipenderà su due tendenze economiche chiave: il tasso di trasformazione economica e la capacità di resilienza dei singoli Paesi.
La trasformazione economica è un processo fondamentale che rende possibile la crescita del lavoro ed è in grado di far aumentare i guadagni nell’economia così come di favorire la trasformazione del lavoro autonomo e familiare nelle aziende agricole familiari e nelle micro-imprese per creare occupazione in imprese private (o del settore pubblico).
Sin dall’ottenimento dell’indipendenza la trasformazione economica e del settore del lavoro sono stati settori chiave per lo sviluppo di nuove politiche attive.
La resilienza facilita la trasformazione perché richiede cambiamenti a livello strutturale e settoriale inoltre necessita dell’ingresso di innovatori e nuovi attori nell’economia quali imprenditori in grado di cambiare il mercato con l’introduzione di nuovi prodotti e di nuove e più efficienti metodi di produzione.
Nel percorso della resilienza inoltre si rende necessaria la presenza di Istituzioni indipendenti e al di sopra delle parti così come di un sistema aperto e trasparente per assicurare che potenziali interessati possano avere la possibilità di finanziare e di avere accesso al territorio così come di ottenere concessioni dai governi per attuare i loro piani di sviluppo.
I conflitti civili, la diminuzione del livello di sicurezza e la minaccia del terrorismo sono elementi che spesso trovano fermento all’interno delle società civili africane e che hanno avuto effetti negativi di vasta portata in tutto il continente.
La gran parte dei potenziali shock economici non può essere prevenuta: per questo la capacità di resilienza può aiutare le famiglie, le comunità e gli Stati stessi, che possono così stabilire misure per affrontare e per minimizzare gli effetti a lungo termine e investire per essere in grado di mitigare le conseguenze nel futuro.
Ricostruire meglio significa quindi puntare sul sostegno e sullo sviluppo sostenendo la trasformazione economica e la crescita di nuove opportunità di guadagno favorendo i mezzi di sussistenza di coloro che non possono ottenere un lavoro salariato formale.
Due priorità: sostenere l’ingresso di grandi aziende e sviluppare il sistema agroalimentare (AFS)
Il modo migliore per aumentare i posti di lavoro più sicuri (lavori salariali del settore formale) e di favorire la trasformazione economica resiliente per l’Africa è quello di incoraggiare l’ingresso e le crescita delle grandi imprese.
Le grandi aziende giocano infatti un ruolo fondamentale, quasi ‘fuori misura’, nella trasformazione economica e per la creazione di posti di lavoro poiché tendono ad utilizzare la tecnologie più recenti, offrire salari più alti e hanno maggiori probabilità di esportazione.
Sono una spinta in avanti per la trasformazione e supportano la resilienza perché sono in grado di resistere alle instabilità dell’economia. Inoltre spesso strutturano il mercato per le medie e piccole imprese operanti in settori affini contribuendo a garantire anche la loro sopravvivenza.
Una seconda strada, tra le più rilevanti verso l’aumento della resilienza e della trasformazione, che i Paesi africani dovrebbero percorre è quella di concentrarsi sull’aumento della produttività agricola e sullo sviluppo del sistema agroalimentare (AFS).
La strategia economica adottata dai Paesi africani e dal dibattito politico tende a sottovalutare l’agricoltura come metodo di trasformazione.
Anche in questo settore, le grandi aziende giocano quasi da ‘fuori quota’ per la trasformazione economica e la creazione di posti di lavoro dal momento che tendono a usare le tecnologie più all’avanguardia, offrire stipendi di livello superiore e hanno maggiori probabilità di esportare i propri prodotti.
Ignorare i guadagni portati dalla trasformazione settoriale in agricoltura è un’occasione mancata perché la trasformazione agricola, attraverso la crescita guidata dalla produttività, ha l‘effetto di mantenere l’intera economia in movimento.
Raggiungere questo obiettivo richiederà all’Africa lo sforzo di creare catene di valore alimentare per essere più competitiva a livello internazionale, di aumentare la produttività in aziende – riducendo i costi di produzione e di distribuzione alle città e ai piccoli centri – e di facilitare investimenti privati, diminuendo le barriere commerciali tra i suoi stessi Paesi.
Conclusioni
Il lungo documento stilato dal Brookings Institution si conclude ribadendo che le sfide per la ricostruzione in Africa nell’epoca post Covid sono incombenti.
Fattori chiavi per la ricrescita sono il ripristino dei mezzi di sussistenza e un aumento del salario medio.
La resilienza e la trasformazione economica, così come è stato nel passato, possono ancora aumentare gli standard di vita africani e sono elementi chiavi per ‘ricostruire meglio’.
I fattori principali che possono favorire il processo di trasformazione economica e la capacità di resilienza sono l’ingresso nel mercato di grandi imprese in grado di ‘rompere gli schemi’ nel contesto economico africano e lo sviluppo del settore agricolo.
È grazie a questi elementi che l’economia si può muovere: favorendo l’aumento dei salari e migliorando le opportunità di occupazione per la popolazione in età da lavoro, con il vantaggio di contribuire agli scambi commerciali tra gli stessi Paesi dell’Africa.