L’Africa è il secondo continente più grande del mondo e conta più di un miliardo di abitanti.
Nella sua storia millenaria si sono intrecciate migliaia di lingue e un’enorme varietà di religioni antiche che hanno dato vita ad un vastissimo patrimonio culturale trasmesso oralmente sotto forma di racconti, storie, miti e leggende.
Parlare delle leggende africane e dei miti che popolano la cultura di molte popolazioni africane significa parlare delle credenze e della sfera mitologica che sono state trasmesse fino ad oggi attraverso le tradizioni e i racconti scambiati per generazioni dai popoli che vivono nella vasta regione nera.
Sono tantissime le leggende e le narrazioni che vengono tramandate nella cultura africana con contenuti dei generi più diversi.
Molti racconti trattano concetti comuni a molte culture come la vita dopo la morte o la nascita dell’universo, ma ce ne sono anche altri che parlano di credenza nella magia, degli spiriti degli antenati e della presenza di essere celestiali. C’è anche un grande assortimento di leggende che parla di animali, della loro personificazione e del loro ruolo nella società.
Le leggende e i miti africani che presentiamo non sono da guardare come lontane reliquie di un passato che non c’è più, sono anzi parte integrante della vita quotidiana di molti africani e sono anche la testimonianza dei loro principi, della loro storia e delle loro credenze.
Di seguito alcune delle più famose leggende africane e alcuni miti della tradizione orale del grande continente nero.
Huevane, Il dio che salì in cielo
In numerose storie africane si narra di Huevane, che di solito è considerato il primo uomo o talvolta è ritratto come una divinità connivente.
Per le popolazioni che abitano il Bashoto e Besanda, il Lesotho e il Sudafrica è il lui l’ideatore del mondo.
Secondo la leggenda, Huevanae, dopo aver creato i cieli e la terra volle godersi un po’ di pace e di tranquillità ammirando orgogliosamente la propria opera.
Sfortuna ha voluto che il suo momento di riposo coincise con il periodo in cui gli umani impararono a conoscere gli uccelli e le api.
Per gli uomini si trattò di un avvenimento fantastico, ma il rumore che facevano per festeggiare per Huevane era troppo forte.
Fu così che Huevane, per recuperare un po’ di pace, in maniera del tutto inusuale, salì nel cielo piantando dei pioli nell’aria e salendo fino in cima.
Mentre si arrampicava rimuoveva via via ogni piolo in modo che nessun essere umano potesse seguirlo.
I Biloko, i mostri nani delle foreste
I Biloko sono delle entità diaboliche simili a dei nani che si ritenga vaghino nelle regioni più basse della foresta pluviale nello Zaire centrale.
Secondo le leggende questi esseri sono spiriti antenati che non trovano pace e che nutrono ancora risentimento verso i vivi.
Con molto scrupolo e con molta attenzione, proteggono la foresta e tutte le creature che ci vivono nascondendosi nelle cavità degli alberi.
Il loro aspetto è talmente orrendo che le donne, alla loro vista, perdono conoscenza, mentre solo i cacciatori più esperti e gli uomini più audaci hanno il coraggio di entrare nelle foreste in cui vivono riuscendo anche a uscirne sani e salvi.
Le loro sembianze sono orribili: non hanno capelli, hanno lunghi artigli affilati nelle mani e delle bocche con dei denti molto aguzzi che possono aprirsi abbastanza da inghiottire un essere umano per intero.
Hanno anche la tendenza a stregare e mangiare tutti coloro che cadono sotto i loro incantesimi.
Kaang, il dio che creò gli animali
I Boscimani, chiamanti anche Khoi o San, sono i nomadi dell’Africa.
Negli ultimi decenni la gran parte di loro ha dovuto cambiare le proprie abitudini di vita di cacciatori e raccoglitori a causa dei pericoli che la nostra vita moderna ha portato nella loro, anche se un tempo il loro territorio era molto vasto e si estendeva dal Kenya fino al Sudafrica.
Caratteristica dei Boscimani è di essere esperti nel trovare l’acqua tanto che molto spesso, grazie alle loro capacità precognitive e oniriche, viene chiesto loro un consiglio per cercare fonti o sorgenti.
Secondo le loro credenze, il dio supremo è Kaang e fu lui l’ideatore del mondo. Dopo averlo creato credette di aver visto troppa disobbedienza e rivalità tra gli uomini, cosa che lui non aveva concepito, così mandò su di loro morte e distruzione.
Anche se vive nei cieli il suo spirito invisibile risiede ancora in tutte le cose viventi.
In una delle storie costruite su di lui, accade che sua moglie dia la vita ad un eland, l’antilope africana.
Il dio iniziò così ad occuparsi dell’animale nutrendolo e accudendolo, ma, per errore, venne ucciso dai suoi due figli.
Kaang pretese così che il sangue dell’eland venisse bollito. Il residuo grasso ottenuto dalla cottura venne sparso per il paesaggio che a sua volta iniziò a trasformarsi in altre antilopi e altri animali. Fu in questo modo che Kaang fornì e fornisce la carne che la sua gente e i suoi discendenti cacciano, mangiano e uccidono ancora oggi.
La leggenda del baobab
Alcune leggende africane ammoniscono sull’essere superbi e arroganti. Una di queste narra di come mai il baobab, uno degli alberi più famosi della flora africana, abbia assunto la sua forma come risposta al suo comportamento altezzoso.
Secondo il mito l’albero del baobab era considerato il più bello del pianeta a tal punto che tutti gli esseri viventi lo ammiravano e persino gli dei si meravigliavano della sua bellezza, tanto che avevano deciso che la sua vita potesse essere molto lunga.
Con il passare del tempo l’albero, fiero della sua bellezza e dei complimenti che riceveva, iniziò a diventare sempre più presuntuoso e cominciò a prendersi anche la luce destinata agli uomini e agli altri alberi.
Diceva che presto avrebbe raggiunto il livello degli dei perché era degno del loro status. Gli dei, quando videro che i rami dell’albero si erano avvicinati molto alle loro dimore si infuriarono e disprezzarono la vanità e l’arroganza dell’albero.
Pieni di rabbia, se la presero con l’albero che fu così condannato a crescere al contrario: il suo fiore sarebbe sorto nel sottosuolo, mentre solo le sue radici avrebbero goduto della luce del sole. Sarebbe per questo motivo che i baobab sembrano alberi così speciali e molto diversi dagli altri.
Adu Ogyinae, il primo uomo che salì in superficie
Secondo la mitologia degli Akan una volta tutti gli umani vivevano nelle profondità della terra.
Un giorno, sette uomini, cinque donne, un leopardo e un cane riuscirono a strisciare fuori dalla cavità sotterranee grazie ad un buco creato da un enorme verme.
Appena giunti in superficie tutti si spaventarono e rimasero attoniti, tranne Adu Ogyinae, il primo di loro ad essere salito. Lui sembrò capire subito quanto fosse bello il mondo circostante e le meraviglie che offriva, così calmò gli altri suoi compagni dando loro forza e sicurezza imponendo su di loro le sue mani.
Fu Adu Ogyinae ad assumersi le responsabilità per tutti, a creare i primi gruppi di lavoro e ad attribuirsi il ruolo di guida nella nuova vita alla luce del sole. Fu lui a coordinare l’edificazione dei primi rifugi e a dare le prime indicazioni più importanti su come comportarsi sulla terra, fino a che non restò ucciso dalla caduta di una albero che stava tagliando per costruire le case per sè e per i suoi compagni.
Mukuku e la nascita dell’uomo
I miti africani spesso si interrogano sulla nascita del mondo e come mai si è arrivati alla conformazione del nostro tipo di vita.
Nelle tribù dei Makua e dei Banayi è diffusa la leggenda di Muluku, che narra della creazione dell’uomo.
Muluku era il potente dio che creò il mondo. Dopo il suo immenso lavoro decise che qualcuno dovesse godere e prendersi cura di quanto aveva creato. Così scavo due buchi nella terra dai quali nacquero il primo uomo e la prima donna.
Mukuku era anche il dio dell’agricoltura e insegnò loro come coltivare i terreni e come ci si prendesse cura dei campi e dei giardini, in modo che imparassero a vivere da soli con il frutto del loro lavoro.
Sebbene inizialmente la coppia fosse ligia al dovere e seguisse i consigli del dio, con il tempo finì per trascurarli e a non prendersi più cura delle bellezze della terra.
A poco a poco le piante iniziarono a morire e i fiori ad appassire tanto che i campi rimasero deserti e completamente abbandonati.
Mukuku, preoccupato e rattristato dalla situazione chiamò a sé due scimmie cui diede le stesse conoscenze che aveva dato ai due uomini. Mentre la coppia di umani era finita col perdere tempo e col trascurare i suoi consigli, le due scimmie si dedicarono con dovizia alla cura della terra, costruendosi una casa e coltivando un grande campo.
Una volta recepita la situazione il dio prese una decisone: tolse la coda alle scimmie e la mise alla coppia di umani. Le scimmie rimaste senza coda così erano diventate come degli umani ed è proprio da queste ultime che discende tutta l’umanità.
Ananasi, la divinità truffatrice
Le gesta di Ananasi, il grande dio imbroglione dell’Africa occidentale sono descritte in centinaia di racconti popolari.
Di solito appare sotto forma di ragno e le storie su di lui parlano principalmente dei suoi tentativi di ingannare gli umani facendo fare loro qualcosa di immorale, come rubare, per cercare di ricavarne dei vantaggi in un modo o nell’altro.
Solitamente, nei racconti, questi tentativi falliscono miseramente ed hanno lo scopo di insegnare agli ascoltatori delle importanti lezioni di vita.
C’è un racconto in cui si narra del suo tentativo di accumulare tutta la saggezza del mondo in un vaso e di volerla tenere tutta per sé.
Quando finalmente riuscì ad averla tutta provò a nascondere il vaso sulla sommità di un albero dove nessuna potesse trovarlo.
Inizialmente cercò di trasportare il vaso legandoselo davanti al petto, ma facendo così avanzava molto lentamente: continuava a perdere la presa e a scivolare.
Allora suo figlio, che lo stava guardando, gli chiese perché non si legava il vaso sulla schiena anziché sul petto così da potersi arrampicare con più facilità. Ananasi si rese conto che il consiglio del figlio era buono, ma quando provò a spostare il vaso da una parte all’altra, questo gli scivolò e cadde a terra.
La saggezza, così, uscì subito fuori dal vaso e un improvviso temporale la colpì e la scagliò nelle acque dell’oceano. In questo modo tutti adesso nel mondo ne possiedono almeno un po’ ed è anche per questo che nessuno possiede la saggezza assoluta, ma tutti sono in grado di riconoscerla e di usarla
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Shango, il dio buono della musica e della danza
I miti di molti culti tribali dell’area afro-caraibica parlano Shango, il terzo re degli Oyo, un re benevolo che portò prosperità nel regno dello Yorubaland che aveva ereditato.
Nella religione del popolo Yoruba Shango è lo spirito più popolare (orisha). È il dio del tuono e uno degli antenati principali del popolo Yoruba. Il suo culto è arrivato anche in alcune aree dell’America centrale, nella religione dei Santeria nei Caraibi per esempio, a causa della tratta degli schiavi, quando moltissimi africani furono trasferiti lì.
I colori sacri per Shango sono il rosso e il bianco, il suo numero divino è il 6 e il suo simbolo caratteristico è l’oshe, per rappresentare la giustizia in modo veloce ed equilibrato.
È la divinità che soprassiede a tutta la musica e all’arte della danza. Suona il bata, un strumento fatto da tre tamburi a doppia testa.
Nelle raffigurazioni è rappresentato con una doppia ascia sopra le sue tre teste. L’animale sacro a cui è associato è l’ariete.
Nyaminyami, il drago che protegge lo Zambesi
Nel possente fiume Zambesi, il quarto sistema fluviale più grande dell’Africa, secondo la leggenda, regna un dio, detto anche Nyaminyami, raffigurato con una creatura simile ad un drago e che si ritiene essere il governatore di tutta la vita all’interno del corso d’acqua.
Esiste un episodio della storia del fiume che parla della costruzione di una diga e degli incidenti che accaddero durante il periodo dei lavori. Il progetto della costruzione della diga di Kariba (iniziato nel 1956), distrusse la pacifica esistenza del popolo dei Batonga che vivevano da centinaia di anni nella valle dello Zambesi.
Quando fu chiesto loro di trasferirsi, i Batonga erano sicuri che Nyaminyami li avrebbe sostenuti e non avrebbe permesso la costruzione della diga.
Dopo appena un anno dall’inizio del progetto, si verificò una grave alluvione che uccise diversi lavoratori e distrusse la diga parzialmente costruita.
I parenti delle vittime, per tre giorni, attesero invano il recupero dei corpi e dei resti dei loro cari scomparsi senza trovarne nessuna traccia.
Allora accadde che gli anziani della tribù dei Batongo spiegarono che solo con un sacrifico si sarebbe potuto placare il dispiacere di Nyaminyanmi.
Per questo scopo, fu macellato un vitello che poi fu immerso nelle acque del fiume. Il giorno successivo al posto del vitello furono trovati i corpi degli operai morti.
La diga fu terminata solamente nel 1977.
L’ippopotamo
Nelle leggende africano molto spesso l’ippopotamo è descritto come una divinità.
Questo straordinario mammifero nell’antico Egitto era adorato con il nome di Tawaret, la dea della fertilità e del parto ed era considerata essenzialmente come una divinità protettrice e premurosa.
Anche nel popolo Ronga del Mozambico esite una leggenda che parla di ippopotami femmine come diligenti e protettive che conferma questa visone pacifica che di solito si ha di loro nelle tradizioni africane. Racconta di una donna che lasciò suo figlio con Madre Ippopotamo perché lo proteggesse dalle minacce di un rivale invidioso.
L’ippopotamo prese con sé il bambino ed ogni notte, piena di premura, emergeva dalle acque in modo che la madre potesse allattarlo.
Gli ippopotami maschi invece di solito sono visti come grandi bestie in grado di cambiare forma e ne viene data una raffigurazione meno riconciliatrice.
Secondo la leggenda dell’eroe Fara Maka, uno di questi ippopotami mangiò tutti i raccolti dei campi lasciando una grande desolazione. Fara Maka allora gli scatenò contro tutti i suoi segugi e gli scagliò contro tutte le sue lance, ma la bestia non moriva e continuò a mangiare senza tregua. Fu sottomesso solo grazie ad un incantesimo che gli lanciò contro la moglie di Fara Maka.
Tsui-Goab, lo stregone creatore del mondo
In Africa vive la tribù dei KhoiKhoi, probabilmente originari del Corno d’Africa, da qui sono migrati verso le regioni dei Grandi Laghi per poi insediarsi nell’Africa meridionale perché cacciati dai bantu.
Sebbene abbiano delle somiglianze con i Boscimani, i Khoikhoi tracciavano una netta linea di demarcazione tra di loro.
La maggior parte dei miti e delle leggende dei Khoikohi è incentrata sul potere del sole e sui poteri celestiali, come per i Boscimani.
Per i Khoikohi la divinità suprema è incarnata da Tsui-Goab. A lui attribuiscono la creazione del mondo, dell’uomo e di tutti gli elementi. È lui che fa prosperare i loro raccolti e dà loro pelli, cibo e felicità nel cuore.
Il suo opposto è Guanab, una specie di Diavolo vendicativo.
Tsui-Goab è spesso oggetto delle storie più starne presso la cultura dei Khoikhoi.
È noto per aver vissuto varie vite, la prima delle quali molte generazioni fa quando si diceva fosse un vecchio sciamano di nome T-tixio con un ginocchio rotto.
Tra i Khoikhoi era già famoso per essere un grande stregone ricco di abilità, così, conoscendole le straordinarie abilità dimostrate in vita, dopo la sua morte venne invocato perché portasse ancora aiuto e protezione ai suoi vecchi compagni. In questo modo, con il tempo, di lui i Khoikhoi iniziarono ad avere una concezione simile a quella di un dio.
La leggenda narra che U-tixio fu il primo Khoikhoi in assoluto ed era un potente e rispettato capo.
Fece una sanguinosa guerra contro il capo malvagio di un’altra tribù, chiamato Gaunab, che aveva già ucciso molti Khoikhoi. Tra di loro ci furono molte battaglie, ma U-tixio ogni volta vinceva e diventava sempre più forte.
Alla fine, nel terribile scontro finale U-tixio gli diede un fortissimo colpo all’orecchio tale da tramortire Gaunab. Questi giaceva a terra morente e sferrò un ultimo tremendo colpo a U-tixio colpendolo sul ginocchio. Fu da allora che U-tixio fu chiamato Tsui-Goiab, ovvero ginocchio ferito.
Kalunga e la morte preannunciata negli inferi
In un racconto popolare angolano si parla della morte.
Kitamba, il capo di una grande tribù, affranto dal dolore per la perdita della sua moglie prediletta, Muhungu, ordinò alle sue genti di non parlare e neanche di mangiare finché non fosse stata riportata in vita.
I capi della tribù allora chiesero ad uno stregone di andare a prendere la regina nel regno di Kalunga, il mondo sotterraneo dove si trovavano i morti.
Lo stregone ordinò a tutta la gente del villaggio di lavarsi con erbe e infusi e subito dopo discese nella terra dei morti accompagnato dal figlio.
Durante il percorso lo stregone incontrò molto presto la regina che gli fece vedere Kalunga-ngombe, il Signore degli inferi, dicendogli che era molto malvagio e che di solito non dava scampo a nessuno e divorava sempre tutti. Gli indicò anche una figura oscura e ombrosa incatenata in un angolo, era lo spirito del Capo Kitamba, dicendogli che lo vedeva così perchè anche lui era destinato a morire presto.
La regina rimandò indietro lo stregone e come prova del loro incontro gli diede un braccialetto funerario. Gli disse anche che nessuno che entra nel regno di Kalunga può pensare di tornare indietro e che riemerso in superficie non avrebbe dovuto mangiare nulla e nemmeno parlare a Kitamba della sua imminente morte, altrimenti lui e il figlio sarebbero dovuti rimanere entrambi nel modo sotterraneo per sempre.
Tornato nella parte superiore della terra, lo stregone mostrò al capo il braccialetto, lui confermò che si trattava davvero di quello di Muhungu ed ebbe prova del loro incontro.
La Regina della pioggia
Per il popolo dei Lovedu di Mpumalanga, la Regina della pioggia è una parte fondamentale della sua cultura e della sua storia.
Loro la chiamano Mudjadji e si dice che la Regina sia un’incarnazione vivente della dea della pioggia.
Siccome ne è la personificazione pare che il suo stato d’animo sia in grado di influenzare il tempo.
Si crede anche che sia capace di mandare tempeste per distruggere i nemici dei Lovedu e di creare delicate pioggerelle per nutrire i loro amici.
Ogni anno, durante la cerimonia dell’insediamento della nuova regina della pioggia, il Ga-Modjadji, i poteri della Regina vengono mostrati a tutti.
Tutte le regine avrebbero l’obbligo di suicidarsi al compimento dei 60 anni di età avvelenandosi. Nel giorno del suicidio tutti gli ingredienti, gli oggetti preziosi e gli incantesimi tenuti segreti durante il suo regno vengono tramessi alla subentrante.
L’origine della morte
Oltre alle leggende legate alla vita e alla creazione ci sono anche molte leggende africane legate alla morte e alla distruzione, come nel caso di un racconto che si tramanda tra la popolazione degli Zulu.
Secondo il racconto il dio creatore è Unkulunkulo che diede anche vita all’uomo. Questi si domandavano se la loro vita sarebbe durata per sempre, anche se Unkulunkulo aveva deciso di concedere loro l’immortalità senza che ancora lo sapessero.
Per portare la notizia il Dio mandò loro incontro il grande camaleonte Unawabu. L’animale però lungo la strada si fermò per mangiare e per distrarsi, così iniziò a perdere tempo ritardando la consegna del massaggio.
La divinità nel frattempo si aspettava che l’essere umano, con la concessione di questo preziosissimo dono lo avrebbe ringraziato infinitamente, ma poiché non avevano ricevuto nessun messaggio a causa dell’imperizia del camaleonte non fecero niente.
Unkulunku non sapendo la vera causa della mancata riconoscenza degli umani, pensò che l’umanità fosse ingrata e stolta, così cambiò idea: da qual momento in poi l’uomo sarebbe stato mortale e non avrebbe potuto vivere per sempre.
Per dire questo agli uomini inviò la lucertola Intulgata che invece fu molto rapida a portare a termine la sua missione. È per questo che gli uomini sono mortali e il loro destino è quello di morire.
Le Regina di Saba
La Regina di Saba è conosciuta attraverso varie fonti, tra cui la Bibbia e il Corano. Non si sa se fosse una regina reggente o una regina consorte.
Anche se il suo nome completo non viene mai menzionato, la maggior parte degli studiosi ritiene che il suo regno potrebbe essere stato nella regione dell’attuale Etiopia, tanto che la famiglia reale dell’Etiopia afferma di essere discendente diretta del bambino nato dalla regina e da re Salomone.
Nelle leggende delle tradizione etiopica, la regina prende il nome di Makeda.
Secondo quanto raccontato dal Kebra Negast (Gloria dei Re, l’antico testo etiope di fondamentale importanza storica, religiosa e archeologica) il re invitò Makeda ad un banchetto cerimoniale dove veniva servito deliberatamente cibo piccante.
Poiché la regina sarebbe rimasta anche per la notte, gli chiese di non cercare di imporsi o di approfittarsi di lei in alcun modo. Al che il re rispose che lui non le avrebbe preso nulla da lei se anche lei non avesse preso nulla da lui.
Sfortuna volle che durante le notte la regina, a causa del pasto della sera prima, si sentì assetata, così svegliandosi andò a cercare dell’acqua che era stessa messa proprio vicino al letto del re.
Il re allora apparve e le ricordò la promessa fatta il giorno prima, poiché l’acqua era il più prezioso di tutti i beni terreni che possedeva.
La regina però non esitò, prese lo stesso l’acqua e la bevve liberando così il re dalla sua promessa.
fonti
listverse_10myths
alantours_za
sanit-anastaise_cultura
wiki.en_legendsAfrica