Le principali religioni in Africa
La diffusione delle religioni in Africa è passata attraverso un processo molto complesso che ha visto come principali protagonisti il colonialismo, il commercio e l’influenza che hanno avuto nel continente a vari livelli, tra i quali sicuramente è presente quello della propagazione della fede.
Prima con le invasioni arabe, poi con quelle europee, le religioni hanno trovato una variegata distribuzione nelle diverse aree della regione.
Le due fedi principali sono il Cristianesimo e l’Islam, alle quali aderiscono la maggioranza degli africani, anche se l’Africa comprende un’ampia gamma di credenze tradizionali e di usanze religiose uniche o molto specifiche per determinate aree geografiche.
La varietà e la grandezza del continente, oltre che le innumerevoli culture e lingue diffuse, hanno fatto sì che siano nate anche molte religioni tradizionali tra alcuni popoli che restano tuttavia una minoranza rispetto ai culti principali.
Il cristianesimo in Africa
Il cristianesimo in Africa non è stato introdotto dagli europei: già in epoche molto lontane, attorno al II e III secolo d.C. ci sono evidenze della diffusione di numerose comunità cristiane, principalmente nei centri urbani, in Egitto e in parte del nord Africa.
Anche nell’area subsahariana il cristianesimo si diffuse in periodi distanti nel tempo: nel IV secolo d.C. il re dell’Etiopia dichiarò il cristianesimo la religione ufficiale del Regno in seguito all’incontro con due monaci siriani, Frumezio ed Edesio.
Le voci dell’esistenza di questo regno cristiano all’interno dell’Africa nera più profonda fecero nascere in Europa il cosiddetto ‘mito del prete Gianni’ ovvero quel re cristiano che gli europei cercavano nel periodo delle grandi esplorazioni del continente sperando di trovare un aiuto per contrastare l’espansione dell’islamismo.
Il primo periodo di diffusione del cristianesimo con campagne più massicce in Africa risale al XV e al XVI secolo nell’epoca delle esplorazioni portoghesi. L’impatto di questi viaggi fu però piuttosto ridotto.
I missionari protestanti invece cominciarono ad essere molto più attivi a partire dal 1799 attraverso la fondazione della prima missione anglicana in Sudafrica.
Anche con questi primi viaggi i risultati inizialmente furono scarsi: i pochi convertiti erano di solito appartenenti alle classi sociali più marginalizzate, come per esempio gli ex schiavi, che aderivano al cristianesimo più che per la ricerca di una nuova fede per ottenere protezione e appoggi, come l’accesso all’istruzione e alle cure mediche che potevano garantire i missionari.
Il ruolo che ebbero i primi convertiti fu però molto importante nel processo di evangelizzazione: si occuparono della traduzione e della predicazione della Bibbia nelle lingue locali ed anche della redazione delle prima grammatiche e dei primi vocabolari delle lingue africane fungendo da veri e propri intermediatori culturali.
Un strategia tipica dei missionari era quelle di cercare di convertire prima le élite africane con la speranza di favorire una successiva e allargata diffusione del credo cristiano sulla popolazione più influenzabile dal modo di pensare dei più abbienti.
Le Chiese indipendenti
Durante il periodo coloniale nacquero anche numerose Chiese indipendenti, che si allontanavano dalla Chiese ufficiali principalmente in segno di protesta: i missionari erano rei di collaborare pedissequamente con i governi coloniali, inoltre sostenevano che nelle nuove chiese veniva lasciato poco spazio agli africani e particolarmente ancora meno alle donne.
Si formarono così dei movimenti guidati da leader molto influenti che nella Bibbia trovavano forti messaggi di solidarietà e uguaglianza che talvolta trasformavano e reinterpretavano secondo delle pratiche rituali.
Si trattava di un modo di protestare contro il razzismo, la Chiesa occidentale e i governi coloniali.
Erano le cosiddette Chiese etiopiche, delle chiese indipendenti, chiamate così, in parte perché nella Bibbia l’Africa è chiamata Etiopia e in parte perché si ispiravano ad una forma di puro cristianesimo africano di cui l’Etiopia era una degna rappresentate in quanto unico Paese nella storia del continente ad aver respinto e sconfitto l’invasione coloniale europea con la battaglia di Adua del 1896 contro l’Italia.
Ad oggi nel continente, dopo la fine de periodo coloniale e il raggiungimento dell’indipendenza da parte di tutti i Paesi il cristianesimo e il protestantesimo hanno avuto una diffusione esponenziale.
Secondo il World Christian Database, nel 2015 in Africa c’erano 574,5 milioni di cristiani, ovvero poco meno della metà della popolazione totale.
Di questi 209,92 milioni appartengono alle Chiese pentecostali che a partire dagli anni Novanta hanno visto un’ulteriore diffusione anche nel continente africano.
Le Chiese pentecostali
Il pentecostalismo è un mondo molto variegato, costituito da chiese che si differenziano per pratiche e dottrine religiose, ma che al contempo conservano delle somiglianze.
Una delle principali è che i loro pastori, pur avendo un ruolo riconosciuto come centrale nelle celebrazioni e per lo svolgersi della vita nella comunità, di cui sono consiglieri e punti di riferimento, per quel che riguarda la mediazione tra i credenti e Dio la loro funzione è invece molto più limitata.
Il pentecostalismo si basa molto su un rapporto più diretto e personale tra i fedeli e Dio. È grazie a questo dialogo intenso che i credenti possono compiere un processo di rinascita che si manifesta principalmente in ricchezza e salute, cioè le maggiori espressioni della benevolenza di Dio.
Uno dei concetti cardine delle Chiese pentecostali è infatti quello di self improvement, il miglioramento di sé stessi, che può essere raggiunto sia attraverso la costanza e il duro lavoro, ma anche grazie all’aiuto della comunità.
Molte di queste Chiese organizzano anche dei corsi di finanza personale e di economia di base e concedono facilmente dei piccoli prestiti ai fedeli affinché possano usare questi soldi per raggiungere una propria emancipazione e per fare degli investimenti per migliorare la propria condizione.
Si stima che i fedeli donino circa il 10% dei propri guadagni alla Chiese: cioè garantisce un fonte di appoggio per tutti e una sicurezza su cui contare. Nei contesti in cui la povertà e l’insicurezza sociale e politica sono molto diffuse, questo messaggio di self improvement acquista un significato molto forte per un riscatto personale.
Islam in Africa
L’Islam è oggi, assieme al cristianesimo, la religione più diffusa e più praticata in Africa.
L’espansione della religione musulmana all’interno del continente è iniziata nel VII secolo a partire dal nord Africa attraverso le conquiste coloniali degli arabi.
Con l’inizio dell’VIII secolo la diffusione è proseguita dapprima verso l’Africa occidentale, principalmente a causa delle tratte commerciali che superavano il Sahara, per spingersi poi verso la Valle del Nilo, le aree attorno al mar Rosso e le coste orientali bagnate dall’Oceano Indiano.
Furono proprio i mercanti musulmani ad aver un ruolo centrale nell’espansione dell’islam nel continente: anche se non svolgevano attività diretta di proselitismo, si muovevano nelle rotte carovaniere dell’Africa del nord e occidentale intessendo rapporti commerciali che si basavano su una reciproca fiducia con i compratori derivante dall’appartenenza all’slam.
I commercianti fondavano le loro relazioni anche su un sistema legale comune, la shari’a, usando l’arabo come lingua franca e utilizzando le stesse monete e gli stessi dispositivi finanziari per agevolare gli scambi.
Per avere un accesso più semplice a questi strumenti la conversione all’Islam era un fattore molto facilitante, tanto che anche diverse figure di potere e autorità politiche, spinte da queste giustificazioni, trovavano le giuste motivazioni per convertirsi alla religione musulmana.
L’Islam venne via via sempre più integrato nella vita religiosa, politica e culturale delle società africane tanto che in molte di queste andarono creandosi varie forme di sincretismo con mescolanze tra elementi delle religioni tradizionali e quelli musulmani.
In Africa occidentale l’islam si diffuse abbastanza rapidamente andando a coprire oltre che le zone della costa anche gran parte dell’area sahariana. Nella zona orientale l’espansione fu più lenta limitandosi inizialmente alle zone della costa. Con il XIX secolo però, a causa della crescita del commercio di avorio e di schiavi si diffuse anche nelle aree più interne. Più lento ancora fu la dissuasione verso sud dove l’islam arrivò tramite i migranti che venivano dalla Malesia e dalla isole dell’Oceano Indiano tra la fine del XVIII secolo e l’inizio del XIX.
Sebbene non sia possibile parlare genericamente di una vera e propria ‘resistenza islamica’ durante il periodo coloniale l’islam ha rappresentato un rilevante elemento dirimente nella resistenza contro le invasioni europee in quanto l’essere musulmano o meno costituiva una palese differenza tra colonizzatori e colonizzati.
I movimenti anticoloniali di stampo musulmano avevano comunque degli elementi in comune, tra cui c’era sicuramente l’essere di solito guidati da leader religiosi molto carismatici che mettevano la religione al centro delle questioni politiche
Finita l’epoca del colonialismo il ruolo politico dell’islam è variato a seconda del suo essere o meno la religione prevalente all’interno dello Stato.
In alcuni Paesi, come quelli del nord Arica, sono nate tensioni tra gruppi islamisti e le autorità politiche
derivati dalle pressioni per introdurre la shari’a o per il ritorno ad un islam più puro.
In altri Paesi, che dopo l’epoca coloniale sono rimasti divisi tra cristianesimo e islam il dibattito si è più che altro incentrato sull’accesso alle risorse e sulla partecipazione alla vita politica per appartenenti a fedi diverse.
Oggi, la gran parte dei musulmani in Africa è di appartenenza sunnita, la corrente principale all’interno dell’islam.
I sunniti basano il loro credo sugli insegnamenti di Maometto e hanno come guide spirituali gli imam che rappresentano un punto di riferimento importate sia a livello religioso che morale.
In tal senso l’essere musulmani consente di entrare a fare parte di una grande ed unita comunità globale che attraverso l’hajj, il pellegrinaggio alla Mecca, ha favorivo la nascita di un credo politico e di una fede religiosa di carattere transnazionale.
Ad oggi negli stati del nord Africa la popolazione musulmana arriva a percentuali superiori al 90% del totale e talvolta, come in Marocco, Algeria e Tunisia anche alla totalità delle persone.
Al di sotto del Shara vivono circa 250 milioni di musulmani dei quali 160 vivono nell’Africa occidentale.
Secondo le attuali previsioni, l’islam è destinato a diffondersi ancora di più nell’Africa subsahariana a causa di due fattori principali: il continuo aumento della popolazione e la costante attività di proselitismo.
Le religioni tradizionali
A volte definite anche ‘religioni locali’ o ‘religioni indigene’, con l’espressione ‘religioni tradizionali’ si fa riferimento a dei culti di diversa natura che si ritrovano in molte aree dell’Africa e che son l’espressione della grande varietà culturale del continente.
Pur avendo alcuni tratti comuni sono in realtà caratterizzate da pratiche rituali di diverso tipo. Ad accomunarle e la proposta di una visione del mondo che diventa la riflessione del modo in cui una persona si comporta all’interno della propria comunità e del modo in cui si relaziona con gli altri.
In questo tipo di culti il ruolo centrale non è ricoperto dalla fede o dalla credenza, ma dai rituali che si compiono quotidianamente e dagli eventi più importanti che accadono nella vita di una persona come le nascite, le morti, il passaggio alla vita adulta o i matrimoni.
Sebbene sia difficile fare un’ampia generalizzazione che le includa tutte, la maggioranza di queste credenze si basa su una concezione dell’universo molto simile e divisa in tre livelli: c’è il ‘cielo’ dove risiedono le divinità, la ‘terra’ che è il mondo degli antenati ed il ‘mondo reale’ o naturale che si trova a metà tra cielo e terra ed è dove vive l’uomo.
Altro elemento molto comune in questo tipo di culti è la credenza dell’esistenza di spiriti o divinità che hanno un ruolo attivo nel condurre la vita delle persone.
Molto significativo è poi il culto degli antenati che serve ad instaurare una relazione tra il mondo dei vivi e quello dei morti attraverso celebrazioni e offerte rituali.
A fare da ponte tra il mondo dei morti e quello dei vivi sono delle persone che vengono investite di poteri speciali, che usano oggetti a cui è conferita capacità rituale, come maschere, sculture o elementi della fauna e della flora. Queste persone vengono anche ritenute custodi del tempo, della natura e dei luoghi sacri.
Per questo tipo di credenze è centrale il rapporto con il mondo spirituale: avviene che lo spirito di una divinità o di un antenato si impossessa di un medium, una persona che fa da intermediario, e riesce a comunicare con i fedeli e a manifestarsi nel loro mondo.
Elementi come la prosperità, la ricchezza dei raccolti, la longevità o la fortuna vengono interpretati come il risultato dell’influenza positiva delle entità sovrannaturali, mentre le avversità e i periodi più sfortunati sono interpretati come frutto di forze negative, come la stregoneria.
Altri momenti fondamentali in questi culti sono le cerimonie e i festival dove i valori sacri della comunità prendono una vera e propria forma attraverso degli atti performativi, vero centro di queste credenze. Con le celebrazioni di riti di passaggio come matrimoni o nascite e o durante riti propiziatori per favorire la fertilità del suolo e l’abbondanza dei raccolti si manifesta la spiritualità sovrannaturale che può avere così un’influenza diretta nel mondo terreno.
fonti
wikipedia,
Luca Jourdan, Karin Pallaver,
varie.