Foresight Africa 2024 è un rapporto pubblicato ciclicamente dal Brookings Institution, un ‘istituzione e centro di ricerca con sede a Washington che crede nella ricerca indipendente e che con i suoi studi di alto profilo propone soluzioni di carattere politico, formativo e innovativo.

Il report vede i contributi di vari autori impegnati nel campo politico, umanitario e sociali in Africa.
Nel documento pubblicato nel 2024 gli autori, con i loro interventi, mirano a identificare le massime priorità per la regione africana per quest’anno e per i prossimi anni più vicini, offrendo raccomandazioni e soluzioni per una maggiore resilienza economica e politica.

L’augurio che si fanno è che Foresight Africa 2024 riesca a promuovere il dialogo sulle questioni urgenti che il continente africano deve affrontare e auspicano inoltre che le idee proposte contribuiscano a creare strutture politiche solide e nuove strategie per ottenere migliori risultati nello sviluppo.


Il rapporto è suddiviso in 7 capitoli.
1. Il primo si concentra sullo sviluppo economico e sulla crescita
2. Il secondo parla del problema della crisi climatica in Africa
3. Il terzo è dedicato al mondo dell’imprenditoria
4. Il quarto parla di integrazione economica e di commercio
5. Il quinto analizza l’economia digitale
6. Il sesto è dedicato al ruolo delle donne e delle ragazze
7. Il settimo parla di pratiche per una buona governance

Presentiamo di seguito un’ampia sintesi del rapporto (formato da quasi 200 pagine) in cui abbiamo inserito gli estratti degli interventi principali e alcune delle considerazioni più significative degli autori che hanno contribuito alla redazione del documento per ogni sezione.


Nel corso degli ultimi anni le economie africane hanno attraversato dei periodi molto turbolenti, sia dal punto di vista politico che finanziario.
Nonostante questo percorso tortuoso, numerosi Paesi, nell’arco degli ultimi due decenni, hanno ottenuto una buona crescita sostenuta soprattutto dai mezzi di sussistenza che hanno consentito  principalmente di ridurre in modo sostanziale la povertà.

Non si tratta di risultati episodici, ma che, anzi, sono il frutto di riforme reali del settore economico e finanziario.
Alcune delle testimoniamone  principali di questa crescita sono elementi come un rinnovato spirito imprenditoriale giovanile e la crescita del mobile banking.

Nonostante gli innegabili cambiamenti in positivo, l’integrazione completa dell’Africa all’interno dei mercati finanziari globali presenta ancora dei lati oscuri.
Ci soni alcuni fattori che continuano a frenare la crescita come: un rapido accumulo di debito dovuto soprattutto alla pandemia, la guerra russo-ucraina, deficit in ambito infrastrutturale e il cambiamento climatico, che sono sempre dei problemi che non favoriscono la crescita del continente.

Si rende pertanto necessaria un’azione urgente per adattare le reti finanziarie globali alla promozione di un flusso robusto e sostenibile di finanziamenti per lo sviluppo in Africa.
La responsabilità di dare una nuova forma ai network finanziati dell’Africa può essere condivisa attraverso l’aiuto di attori internazionali e politiche per la crescita coltivate internamente.

Nel complesso, il divario nel finanziamento dello sviluppo dell’economia africana rimane ampio rispetto al resto del pianeta.
Non può essere colmato con sole fonti di finanziamento tradizionali e richiederà lo sblocco del capitale privato su larga scala.

Attualmente, il capitale privato non scorre ad una velocità e con una portata adeguate a colmare l’enorme divario finanziario per favorire lo sviluppo.
Tra i principali ostacoli c’è sicuramente la scarsità di flussi bancari all’interno del continente: la conseguenza è che non si può fare a meno dello sblocco del capitale privato per facilitare il settore pubblico il cui ruolo è cruciale nel fornire strumenti di riduzione del rischio per incentivare il settore privato rispetto ad un contesto economico globale.
In Africa si rende quindi necessaria la creazione stabile di un ambiente favorevole per nuovi investimenti e per la nascita di nuovi progetti su cui poter rinvestire.

I Paesi africani quando accedono a iniziative globali, dovrebbero adottare misure proattive
e soluzioni interne in grado di colmare il divario finanziario e di sviluppare capacità economiche nel segno della resilienza.
Questo sono alcune delle misure a cui prestare un’attenzione prioritaria nel 2024.

Questa sollecitazione può essere notevolmente ottimizzata anche grazie a migliori controlli e alla mitigazione delle perdite e degli sprechi.

Promuovere l’innovazione e l’inclusione finanziaria: sebbene di recente i sistemi finanziari africani siano cresciuti sia in quantità che in profondità, il contesto finanziario non è di carattere inclusivo.
L’inclusione finanziaria rafforza le possibilità di coinvolgimento nella crescita e nello sviluppo di attori come i giovani, le donne, i piccoli agricoltori e le PMI, che sono tra i più esclusi dal punto di vista economico nella società.
In questo senso ci sono stati dei miglioramenti nel continente, ma è possibile fare ancora di più.

Sbloccare l’imprenditorialità finanziaria e la fintech: i Paesi africani hanno gigantesche potenzialità in questo senso.
Esiste un’enorme fetta di popolazione priva di risorse bancarie e in gran parte sotto servita.
Ciò rappresenta una grande opportunità per l’ascesa per la nascita di nuovi imprenditori finanziari e di startup in ambito digitale e finanziario.

L’avvento della fintech in Africa è relativamente nuovo ed ha potenzialità notevoli.
Numerose startup si stanno e si sono infatti mobilitate per fornire servizi finanziari, assicurativi e di investimenti improntate sull’ambito digitale.

Integrare e consolidare i diversi mercati dei capitali: fatta eccezione per il Sudafrica, i sistemi finanziari in Africa sono ancora deboli e malfunzionanti, come dimostrano le borse valori del continente. Queste sono in gran parte caratterizzate da una bassa capitalizzazione e da una bassa attività di negoziazione rispetto ai Paesi a basso reddito al di fuori dell’Africa.
È fondamentale che questi mercati vengano consolidati attraverso la cooperazione regionale e con iniziative che coinvolgano l’armonizzazione delle leggi commerciali e degli standard contabili e con la promozione della convertibilità delle valute.

Introdurre una regolamentazione finanziaria digitale adatta allo scopo: i sistemi di regolamentazione finanziaria africani devono tenere il passo con il ritmo dinamico dell’innovazione nei sistemi finanziari.
Si dovrebbe innanzitutto riconoscere che una regolamentazione fatta in modo ottimale è un facilitatore e non un soffocatore.
Le politiche di regolamentazione poi non dovrebbero essere eccessivamente rigide nei requisiti di accesso e al contempo saper resistere alla tentazione di auto-proteggere gli interessi acquisiti a discapiti d i nuovi entranti.

 Sviluppare personale finanziario di talento: la finanza e l’innovazione finanziaria stanno diventando sempre più complesse e più dinamiche.
Man mano che i sistemi finanziari africani si sviluppano e si integrano nell’economia finanziaria globale dovrebbe esserci una crescita commisurata di personale finanziario formato e ricco di talento con capacità di gestire e controllare il rischio.

Le istituzioni di regolamentazione finanziaria e le istituzioni finanziarie africane devono collaborare con gli istituti formativi locali e internazionali per produrre personale con capacità che corrispondano a quelle richieste da sistemi finanziari sofisticati caratterizzati dalla digitalizzazione e dall’innovazione finanziaria.

La crisi climatica si sta intensificando con gli eventi estremi che sono diventati una sorta di nuova normalità.
La lotta contro il cambiamento climatico non deve tuttavia scivolare in una crisi lunga e con uno scarso dispiego di impegno: si tratta di una sfida difficile, ma non insormontabile.

Considerando una scala più ampia, vincere la battaglia contro il clima significa vincere anche la battaglia contro la povertà: in questo senso le lotte combattute per il nostro pianeta sono anche lotte combattute per la prosperità di tutti i suoi abitanti.
I risultati degli ultimi anni non sono confrontanti: i livelli di presenza di gas nell’atmosfera sono saliti e abbiamo avuto alcuni delle annate solari più calde che mai.

L’Africa si trova al livello zero della crisi climatica.
Negli ultimi 60 anni, ha registrato una tendenza al riscaldamento che è stata generalmente più rapida della media globale.

Questo fattore causa un impatto devastante sulle vite e sui mezzi di sostentamento.
Le crisi climatiche portano ricadute negative soprattutto sull’inflazione alimentare e sulla povertà alimentare e nell’ambito agricolo con l’Africa che a causa di siccità e inondazioni è costretta a dipendere di più dalle importazioni.

La risposta alla crisi climatica in Africa richiede in generale un approccio basato su tre questioni: mitigazione, adattamento e natura.

Nonostante i bassi livelli di emissioni e le favorevoli dotazioni iniziali, l’Africa deve impegnarsi su tutti e tre i fronti. Con la sua popolazione in crescita, l’urbanizzazione e l’industrializzazione, le emissioni sono destinate ad aumentare nel medio termine, ma possono essere gestite e indirizzate verso una transizione progressiva che garantisca crescita proteggendo al contempo il nostro pianeta.

Le economie africane possono realizzare programmi economici completi progettando strategie di crescita sostenibile e verde guidate dai governi di ogni Paese.
Tuttavia, affinché queste politiche abbiano successo, hanno bisogno del giusto contesto politico e di finanziamenti adeguati da fonti sia nazionali che esterne.
La risposta alla crisi climatica deve essere globale, rapida e su larga scala.

Con la poli-crisi del 2020-2023, i Paesi hanno esaurito tutto lo spazio fiscale disponibile per intraprendere attività di sviluppo e investimento.
In più anche i crescenti oneri del debito gravano pesantemente sui Paesi.

Nonostante i costi crescenti, i finanziamenti per il clima in Africa si stanno riducendo.
Tra il 2020 e il 2030, l’implementazione dei contributi definiti a livello nazionale dell’Africa costerà tra 2,8 e 3 trilioni di dollari. Tuttavia, i flussi finanziari annuali totali per il clima in Africa per il 2020, nazionali e internazionali, sono stati di soli 30 miliardi di dollari, ovvero il 12% dell’importo necessario.

I finanziamenti per il clima nel continente devono essere aggiuntivi, accessibili e in grado di creare ricchezza.

Le fonti principali per sostenere le azioni in favore del clima devono provenire da:
– risorse nazionali;
– banche multilaterali di sviluppo e risorse bilaterali;
– il settore privato, mercati dei capitali e investitori istituzionali.

Devono essere incentivate iniziative di promozione per un’economia verde per raccogliere risorse per finanziare attività di protezione della natura.

Entro il 2030, oltre il 40% della popolazione giovanile mondiale sarà africana ed entro il 2050 si prevede che il numero di giovani africani raggiungerà gli 830 milioni.
Questa tendenza è entusiasmante, dato il potenziale dei giovani e considerata la loro forza di trasformare positivamente milioni di vite.

Purtroppo, però, l’aumento dei giovani in Africa potrebbe non avere un impulso così reale per guidare la crescita economica e la creazione di ricchezza che ci si aspetterebbe perché più di 1 giovane su 4 nelle economie africane non è impegnato nell’istruzione, nella formazione o nel lavoro (la categoria dei NEET).

La Banca Africana per lo sviluppo stima che ogni anno fino a 12 milioni di giovani in Africa entrano in un contesto di forza lavoro che può offrire come disponibili solo 3,1 milioni di posizioni.
Ne consegue che dovrebbero essere creati ogni mese 1,7 milioni di nuove offerte di lavoro per soddisfare le reali esigenze occupazionali.

Imprenditorialità per la creazione di posti di lavoro

La mancanza di occupazione produttiva e formale spinge sempre di più i giovani africani a tentare la strada dell’imprenditoria individuale.
L’Africa vanta infatti i tassi più alti di imprenditorialità al mondo, con oltre 1 africano su 5 in età lavorativa che avvia una nuova attività e oltre tre quarti dei giovani che pianificano di avviarne una entro cinque anni.

La sfida da affrontare per questo tipo di imprenditorialità è che si tratta spesso di un tipo di attività che l’Organizzazione Internazionale del Lavoro classifica come “occupazione vulnerabile”: ben il 95% dei giovani lavoratori africani rientra in questa categoria rispetto a meno del 50% nelle Americhe, in Europa e in Asia.
L’occupazione vulnerabile ha lo svantaggio di riflettersi in bassa produttività, bassi guadagni e difficili condizioni di lavoro.

Che si tratti del settore informale o formale, l’imprenditorialità in Africa è spesso afflitta
da vari problemi tra cui, (ma non solo):

1. Mancanza di accesso agli strumenti di finanziamento adeguati necessari per avviare, mantenere e far crescere un’attività;
2. Elevati costi operativi dovuti a infrastrutture inadeguate;
3. Scarse condizioni macroeconomiche;
4. Politiche governative non a sostegno delle imprese.

Se a questi problemi si aggiungono bassi livelli di crescita economica e scarsi programmi di protezione sociale, si prevede che le economie africane andranno incontro a minacce ancor più difficili per l’occupazione giovanile in futuro.

Nonostante le innumerevoli sfide che chiunque provi a creare un’attività in Africa deve affrontare, i giovani africani continuano ad avere un forte spirito imprenditoriale, il che porta l’imprenditorialità a essere considerata la soluzione al malessere occupazionale nel continente.

Ciò è in parte alimentato dalla crescente influenza delle tecnologie digitali che offrono nuove opportunità di innovazione in tutti i settori. Di conseguenza, nell’ultimo decennio sono stati impegnati miliardi di dollari per lo sviluppo degli imprenditori africani.
Di solito però accade che i rendimenti di questi investimenti non producano impatti economici e sociali significativi.

È necessario iniziare a riconsiderare i modelli di supporto all’imprenditorialità già esistenti n Africa in modo diverso per garantire che i giovani non siano accecati da una falsa narrazione di future e sicure ricchezza e stabilità.
Le istituzioni accademiche, i governi, i donatori e i fornitori di capitale dovrebbero essere più consapevoli nel promuovere un ambiente più favorevole all’imprenditorialità con l’intenzione base di creare posti di lavoro su larga scala in Africa.

Per raggiungere questo obiettivo, un approccio da considerare è quello di fornire un supporto mirato alle nuove startup.
Le micro, piccole e medie imprese (PMI) rappresentano l’80% al 90% dei posti di lavoro nel continente, rendendole importanti contributori allo sviluppo socioeconomico.

Tra queste ci sono aziende che hanno dimostrato una notevole resilienza perché hanno perfezionato i loro modelli di business, creato solide, strutture operative, aumentato i ricavi ed espanso le loro attività, nonostante si siano trovate ad affrontare le sfide specifiche dell’Africa di cui si è parlato sopra.

Queste aziende, che possono essere definite come SME Eagles, hanno la capacità di fornire un impiego stabile e retribuito a milioni di giovani, fungendo da ancore che creano e sostengono posti di lavoro.
Si tratta di aziende testate e guidate da imprenditori esperti in un mercato collaudato, per cui replicare le loro attività riduce il rischio di fallimento per i nuovi imprenditori.

In definitiva, affinché l’imprenditorialità sia all’altezza delle sue aspettative di creazione di posti di lavoro, le SME Eagle devono essere abilitate a prosperare.
Bisognerebbe concentrare il sostegno finanziario e politico del governo, dei donatori e del settore privato su questo tipo di aziende per mitigare l’elevato rischio di fallimenti imprenditoriali, fornendo anche politiche aziendali di supporto e supporto istituzionale, regolamenti governativi e incentivi efficaci e di sussidi per la formazione della forza lavoro.

L’Africa si trova a un bivio: è di fronte sia a opportunità senza precedenti che a sfide scoraggianti e di difficile realizzazione a causa del suo dividendo demografico (il potenziale di crescita economica che può risultare dai cambiamenti nella struttura dell’età di una popolazione).

Il continente africano è infatti pronto per un significativo progresso grazie ad una popolazione giovane che potrebbe potenzialmente alimentare un’ondata trasformativa di crescita economica e sviluppo.
Tuttavia, gli ostacoli che si frappongono in questo cammino sono diversi e complessi.

Tra queste sfide, emerge come fattore critico  il ruolo delle medie, piccole e microimprese (MPMI): con un accesso limitato a finanziamenti e prestiti e a causa una mancanza di opportunità di sviluppo per la crescita si pongono significative barriere per la crescita di queste aziende.

Nell’affrontare questi problemi multiformi, l’Africa deve superare questi ostacoli per sfruttare la promessa della sua popolazione giovane, trasformando il potenziale demografico in un progresso socioeconomico duraturo e definitivo.

Nell’ottobre 2023, il New York Times ha parlato di “Youthquake” africano: a volte può sembrare che non si parli d’altro che della situazione demografica dell’Africa e del suo potenziale economico latente.
Si parla spesso anche di “rinascimento africano”, “Africa in ascesa” e “leoni in movimento”…

Sotto queste narrazioni collettive, però, si nasconde una realtà complessa e multidimensionale che è composta da 54 Paesi ed economie potenzialmente unite più dalle sfide che devono affrontare che dai loro successi.

Con le opportunità in calo nel settore pubblico e sempre più limitate nel settore privato negli ultimi decenni, i giovani africani si sono sempre più rivolti all’imprenditoria per creare il proprio reddito e opportunità di lavoro.

I giovani si stanno avventurando in settori che spaziano dalla tecnologia, alla musica e all’intrattenimento, all’agricoltura, alla moda e alle energie rinnovabili e stanno diventando più disposti a muoversi.
Con i progressi della tecnologia e l’accesso alle informazioni, alcuni giovani imprenditori stanno sfruttando le piattaforme digitali e i social media per raggiungere mercati più ampi sia a livello nazionale che internazionale come mai prima.

Tuttavia, il pieno potenziale di questo profilo demografico non sarà raggiunto se non verranno effettuati investimenti adeguati nei mattoni delle economie dei singoli Paesi.

Molto spesso le attuali condizioni standard includono:
deficit significativi nelle infrastrutture e carenze a vari livelli in ambito sanitario, nell’istruzione e nella produttività;
le donne continuano a essere limitate a settori di produzione a basso margine e ad alta intensità di manodopera con mobilità e accesso ridotti ai mercati;
l’accesso alle nuove tecnologie limitato dall’enorme carenza di infrastrutture di ancoraggio, in particolare energia, trasporti e comunicazioni.

Quindi quali sono le soluzioni per raccogliere i frutti questo dividendo demografico?

È necessario investire in:

1. Istruzione:
la generale mancanza di istruzione di qualità accessibile e a prezzi congrui ostacola le competenze e le conoscenze rilevanti per il mercato del lavoro e per l’impresa.
Ciò riduce l’occupabilità e i guadagni e limita l’innovazione e l’imprenditorialità.

Tutti gli studi e le prove empiriche dimostrano che l’istruzione aumenta le possibilità in generale delle donne ritardando così pratiche come il matrimonio e i parti prematuri, migliorando anche i risultati nutrizionali e la prevenzione delle malattie e, di conseguenza, riducendo la mortalità materna e infantile.

2. Energia:
l’elettricità a prezzi accessibili è un elemento fondamentale di qualsiasi economia.
L’energia è fondamentale per tutte le attività produttive e l’innovazione e ancora di più per il clima, la salute ambientale e i progressi tecnologici.

3. Infrastrutture:
in particolare per quel che riguarda le strade, che collegano persone, risorse e informazioni.
Le strade poi danno l’accesso fisico a: mercati, clienti, fornitori, alla riduzione dei costi di trasporto e di transazione. Le strade come altre infrastrutture di trasporto e comunicazione sono le arterie dell’economia con la funzione di facilitare l’innovazione, la specializzazione e la competitività in tutto il continente.

Di conseguenza è in questo settore che risiede il potenziale per investimenti e rendimenti significativi per governi e investitori privati ​​(individuali e istituzionali) che si dimostrino abbastanza determinati da affrontarli.
Il lato della domanda c’è. L’offerta è carente, ma troppo timida o incoerente.

Oltre la metà delle popolazione africana (1,3 miliardi di persone) vive di agricoltura.
Di questa fetta l’80% sono piccoli agricoltori a basso reddito che lavorano in aziende agricole più piccole di due ettari.
La conseguenza di questo stato è che per ridurre significativamente la povertà in Africa sono necessari miglioramenti sostanziali nella capacità produttiva e nell’accesso al mercato di milioni di piccoli agricoltori.

Fortunatamente negli ultimi anni, grandi aziende alimentari hanno introdotto iniziative che integrano i piccoli agricoltori nelle loro catene del valore.
Questi sforzi sono guidati dall’obiettivo di aumentare la fornitura di materie prime di qualità, diversificare il rischio geografico e dare più potere ai piccoli agricoltori economicamente e socialmente.

Negli ultimi anni in Africa grandi aziende come Heineken e Nando’s, hanno lanciato dei progetti di filiera per aumentare l’approvvigionamento locale dei prodotti necessari alle loro produzioni alimentari.
Si tratta di casi di successo in cui gli agricoltori locali sono stati inclusi nel processo produttivo di birra e altri prodotti alimentari con il risultato di aver ricevuto formazione agronomica, input agricoli e accesso al mercato per oltre 40.000 piccoli agricoltori con un notevole incremento delle attività economiche legate all’agricoltura.

I fattori determinanti da tenere presente perché si verifichi una sinergia vincente in questi casi sono tre:

1. Riuscire a creare connessioni tra la sua forza lavoro globale e le radici africane avendo bene in mente da ambo le parti degli obiettivi strategici da raggiungere;

2. Collaborare con organizzazioni con competenze distinte e conoscenze pertinenti al contesto;
È necessario appoggiarsi all’aiuto di organizzazioni partner, selezionate per le loro competenze specialistiche e conoscenze pertinenti al contesto.

3. Ideare soluzioni che riducano i costi di transazione nella catena del valore che non sfavoriscano i piccoli agricoltori locali.

I progressi finora raggiunti:

L’African Continental Free Trade Area (AfCFTA) è un accordo continentale che mira a creare un mercato unico per beni e servizi, facilitare la libera circolazione di persone e capitali, promuovere lo sviluppo industriale e l’integrazione economica in Africa.
Firmato a Kigali in occasione di un vertice dell’Unione Africana nel marzo 2018, è entrato nella sua fase operativa nel giugno 2019 e sarà sottoposto a una revisione quinquennale quest’anno, nel 2024.

Il continente africano sta andando controcorrente con questo accordo: mentre altrove la fiducia nell’integrazione regionale è generalmente in calo, l’AfCFTA segnala con forza che gli stati membri africani vogliono affrontare una volta per tutte la balcanizzazione economica che ha afflitto il continente sin dall’epoca coloniale.

Il 1° gennaio 2021, l’AfCFTA è entrato nella fase di attuazione. Tuttavia, se si esaminano i dati sul commercio intra-africano, non ci sono ancora molte prove di un aumento della quantità di beni scambiati secondo le nuove regole AfCFTA.

Dopo circa tre anni ‘di prova’ le difficoltà emerse sono principalmente tre:

  1. Mancanza di familiarità tra i funzionari doganali con le nuove e precise e tabelle tariffarie;
  2. Lungo percorso, fino a sei mesi, per alcune spedizioni per arrivare a destinazione e alti costi di trasporto;
  3. Le nuove barrire non soggette a tariffario sembrano essere più un ostacolo al commercio intra-africano che un facilitatore. 

Finora, gran parte dell’enfasi dei workshop di formazione e della sensibilizzazione sull’AfCFTA si è concentrata sulla promozione delle esportazioni intra-africane. Ma sarà impossibile aumentare il commercio intra-africano senza aumentare le importazioni: per ogni dollaro di valore delle esportazioni intra-africane, deve esserci un corrispondente aumento delle importazioni.

La buona notizia è che è molto più facile rimuovere le barriere all’importazione che promuovere le esportazioni.
Alcuni Paesi stanno compiendo sforzi per identificare nuovi mercati nel continente africano per i loro prodotti di esportazione.

Si tratta di uno sviluppo positivo, ma aumentare le esportazioni richiede tempo e potrebbe richiedere un aggiornamento tecnologico, un miglioramento degli standard di qualità e l’adattamento dei prodotti alle esigenze dei clienti.
Potrebbe anche richiedere misure più ampie in termini di mobilitazione di capitale nazionale ed estero, promozione dell’innovazione e dell’imprenditorialità, sviluppo del capitale umano e delle competenze e creazione di infrastrutture fisiche e digitali.
La cattiva notizia è che nessuna di queste procedure può essere intrapresa rapidamente.

In sintesi, l’AfCFTA ha comunque migliorato le prospettive di crescita e commercio dell’Africa: continuando a sfruttarne il suo enorme potenziale, si contribuirà ad accelerare la diversificazione delle fonti di crescita ed esportazioni, spingendo la regione in un circolo virtuoso di robusta crescita economica.

Di fronte a un contesto digitale in rapida evoluzione, le economie africane possono cogliere le nuove opportunità investendo in un’economia digitale inclusiva oppure correre il rischio di rimanere ulteriormente indietro a causa di significative lacune nelle infrastrutture, nelle tecnologie e nello sviluppo delle competenze.

Senza dubbio ci sono innumerevoli interventi politici, sia pertinenti che appropriati, che possono essere progettati e offerti per favorire lo sviluppo digitale di un Paese o di una regione dell’Africa.

Sono tre le aree di intervento principale in cui intervenire per accelerare la digitalizzazione nelle economie africane nel 2024.

  1. Migliorare l’accesso alle infrastrutture e alle piattaforme digitali;
  2. Sviluppare competenze digitali in linea con le tendenze della domanda;
  3. Promuovere l’inclusione finanziaria digitale.

Infrastruttura digitale:
Rafforzare l’accesso, l’accessibilità, l’utilizzo e la competitività

Il nuovo indice di digitalizzazione e competenze digitali ha confermato che i Paesi africani sono in ritardo rispetto ai Paesi del G20 per quanto riguarda gli indicatori relativi all’infrastruttura digitale.

Poiché l’accesso all’infrastruttura digitale è l’elemento fondamentale su cui si basa l’ecosistema digitale più ampio, gli investimenti in quest’area sono fondamentali.
Per rafforzare l’infrastruttura digitale dell’Africa, i decisori politici nel 2024 dovrebbero:

Espandere la banda larga fissa.
Se da un lato l’aumento dell’uso dei telefoni cellulari in Africa negli ultimi anni è incoraggiante e il potenziale per l’infrastruttura 5G entusiasmante, la banda larga fissa dovrebbe essere una priorità per garantire che internet ad alta velocità diventi più accessibile e conveniente e che le aziende siano in grado di digitalizzarsi con più facilità in tutto il continente.

Affrontare l’accessibilità della banda larga.
Le tecnologie digitali si basano su elettricità e connettività a prezzi accessibili, ma la connettività di telefonia mobile e internet per molti Paesi resta costosa.
Per renderla più accessibile, i decisori politici dovrebbero attuare politiche incrociate volte a regolamentare i prezzi ed aumentare la concorrenza tra le aziende fornitrici.

Aumentare l’accesso all’infrastruttura digitale.
Ciò è fondamentale per affrontare le differenze di genere e regionali. In definitiva, la mancanza di infrastrutture digitali porta le persone ad essere impedite nell’utilizzare le tecnologie digitali e nell’eseguire attività online.
In alcune economie, il divario digitale è un simbolo di esclusione, povertà e disuguaglianza, aggravato dagli effetti della disoccupazione, da programmi di competenze digitali mal funzionanti e da norme socioculturali che negano alle donne pari accesso ai servizi digitali.

I governi in questo settore possono svolgere un ruolo chiave nel dare priorità alle comunità meno servite, promuovendo l’integrazione regionale e impendendo alle aziende informatiche di operare come oligopoli.

Al centro di un’economia digitale competitiva c’è una solida base di competenze digitali e di capitale umano.
Tuttavia, dall’analisi emerge come ogni Paese africano, con dati sufficienti analizzabili, è in ritardo rispetto ai Paesi del G20.
In un momento in cui la domanda di competenze digitali di base è in aumento (si prevede che rappresenterà il 70% della domanda totale di competenze digitali entro il 2030), i Paesi africani devono dare priorità allo sviluppo di strategie per migliorare le competenze digitali della popolazione a livello base, intermedio e avanzato.

Date le risorse limitate, è irrealistico supporre che sia possibile investire sia nell’istruzione di base che nell’istruzione post-secondaria tecnologica nella misura necessaria, il che crea un difficile compromesso.

I governi dovrebbero quindi:

Dare priorità agli investimenti nel potenziamento dell’istruzione primaria e secondaria a causa delle sue implicazioni per l’apprendimento permanente.

Concentrare il curriculum a tutti i livelli sullo sviluppo di competenze socio-emotive come la risoluzione dei problemi, il lavoro di squadra, la tolleranza, la responsabilità e l’indipendenza, che sono associate a tassi più elevati di imprenditorialità, mobilità e guadagni.

La finanza digitale è la terza area chiave che i Governi di ogni Paese dovrebbero mettere in primo piano per accelerare lo sviluppo di un’economia digitale.

Il primo passo nell’inclusione finanziaria digitale, ovvero la proprietà e l’uso di un conto di servizi finanziari da parte della maggioranza della popolazione, è cresciuto rapidamente nei Paesi africani, probabilmente alimentato dall’aumento dell’uso dei telefoni cellulari.
Tuttavia, rimane ancora un divario rispetto alle medie dei paesi del G20.

Per migliorare la finanza digitale in tutto il continente, i Governi dovrebbero:

Consentire l’approfondimento del settore finanziario promuovendo una regolamentazione che affronti queste barriere e consenta a tutti i cittadini di beneficiare della finanza digitale.

Affrontare le minacce di frode, la sicurezza informatica e i costi elevati delle transazioni.
Le politiche di protezione dei consumatori sono infatti fondamentali per infondere fiducia tra il pubblico in generale: senza certe garanzie alcuni cittadini saranno inclini ad attenersi alle forme tradizionali di transazioni bancarie e a usare sempre i contanti.

Formalizzare ulteriormente il settore informale. L’Africa è già leader mondiale nell’inclusione finanziaria digitale, ma la leadership dovrebbe utilizzando strumenti come intelligenza artificiale, blockchain e la tenuta di registri digitali.
Una maggiore trasparenza e disponibilità dei dati e una migliore protezione dei diritti legali possono contribuire  ad aumentare la legittimità e l’adozione della tecnologia finanziaria.

Conclusione

In linea generale, i Governi dovrebbero sempre di più adottare sistemi che promuovono una struttura governativa più agile e ambienti aziendali in grado di aiutare ad accelerare i progressi in aree chiave come l’economia digitale, lo sviluppo di piattaforme digitali e l’imprenditorialità.

Concentrandosi su queste settori prioritari nel 2024, sfruttando tutte le possibili sinergie, i Paesi africani possono colmare il divario digitale ed aumentare la competitività dell’Africa nell’economia digitale.
I benefici ottenuti sarebbero trasformativi per una nuova innovazione guidata dall’Africa all’insegna dell’inclusione economica.

La politica, lo stato, il nazionalismo e l’esercito sono nozioni fondamentalmente maschili, caratterizzati da pratiche e valori patriarcali che non sono facilmente cambiabili.
Ciononostante, l’emergere e la crescita del numero di donne leader in Africa con in particolare i successi nella rappresentanza politica sta facendo avverare un nuovo slancio verso l’emancipazione.

La storia più recente dell’Arica parla di donne africane che hanno svolto un ruolo chiave nella sfida alle disuguaglianze di genere sostenendo interventi politici per arrestare le forme discriminazione che le donne affrontano.
Queste forme di discriminazione, diverse ma interconnesse, danno origine a disuguaglianze profondamente radicate, spesso rese invisibili dai dati aggregati.

La lotta delle donne per la giustizia, l’uguaglianza dei diritti umani e la dignità ha cavalcato divisioni ideologiche e varie corrente politiche.

 Il loro coinvolgimento ha messo in mostra le loro distinte prospettive e i contributi attivi verso l’avanzamento dei ruoli delle donne in posizioni di leadership, processi di pace, crescita economica, sradicamento della povertà, prosperità e unità, e ha sfidato l’idea che le donne fossero solo vittime passive.
Purtroppo, questo modello persiste ancora oggi, poiché le donne nel continente continuano a impegnarsi strategicamente nell’affrontare un’ampia gamma di sfide.

Il punto è che di fatto non possono effettivamente sedersi ai tavoli decisionali se sono assenti nei mercati del lavoro, non riescono a beneficiare in modo equo dei progressi tecnologici, non hanno accesso all’assistenza sanitaria e sono sotto la costante minaccia della violenza di genere.
C’è ancora molto lavoro da fare per quanto riguarda la lotta per l’uguaglianza di genere in Africa riguardo al ruolo delle donne con ruoli di leadership.


C’è bisogno di riflettere criticamente sul ruolo delle donne leader in Africa per accelerare i progressi verso l’uguaglianza di genere, la pace, il posizionamento e la sostenibilità, date le nuove minacce e le sfide derivanti dall’economia politica globale e continentale così volatile, e ambigua.Abbiamo bisogno che le donne continuino a chiedere e ad assumere un ruolo attivo nel sostenere l’aumento della rappresentanza femminile nella leadership e nelle sfere politiche, dal villaggio al livello parlamentare, promuovendo al contempo il dibattito all’interno degli enti pubblici e politici sulla leadership femminile e stabilendo parametri di riferimento per valutare l’influenza e l’impatto della partecipazione delle donne alla leadership e garantire la responsabilità.

Guardando in avanti le donne leader in Africa hanno un futuro promettente.
Gli sforzi collaborativi, tra cui partnership con governi, organizzazioni della società civile e attori internazionali, saranno cruciali per sostenere il progresso e raggiungere l’uguaglianza di genere. Affrontare le barriere sistemiche, promuovere politiche inclusive e investire nell’istruzione, nella salute e nell’emancipazione economica delle donne saranno passi fondamentali verso un’Africa più equa.

In conclusione, le donne leader in Africa hanno compiuto passi da gigante negli ultimi anni, sensibilizzando, promuovendo riforme legali e sostenendo l’emancipazione e l’uguaglianza delle donne.

Si rende necessario continuare a rafforzare il comune impegno per creare un mondo in cui le donne siano pari nelle sfere decisionali, in cui i loro contributi siano apprezzati e integrati e in cui la loro leadership apra la strada a un futuro più pacifico, giusto e prospero per l’Africa.

Il progetto democratico dell’Africa sta affrontando la sfida più dura di sempre con le prospettive di consolidamento democratico che si sono notevolmente affievolite a causa del ritorno di governi di stampo militare.

In soli quattro anni (2020-2023), sette Paesi, Mali, Ciad, Guinea, Sudan, Burkina Faso, Niger e Gabon, sono caduti in colpi di stato militari, sollevando una domanda scomoda ma ragionevole: quale sarà il prossimo Paese?

Mentre l’Unione Africana (UA) e la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale hanno condannato questi colpi di stato in certi casi i cittadini di alcuni Paesi li hanno apertamente celebrati per le strade.
Nello spirito di tolleranza zero per i cambiamenti di governo incostituzionali l’UA e le Comunità Economiche Regionali (REC) hanno adottato numerosi strumenti di governance, alcuni risalenti ai tempi dell’Organizzazione per l’unità africana, ma hanno fatto fatica a supervisionarne l’effettiva attuazione, in gran parte a causa della mancata conformità da parte degli stati membri.

Nel 2014, il Consiglio per la pace e la sicurezza dell’UA ha osservato come in molti casi permangano situazioni di governance caratterizzate da avidità, egoismo, cattiva gestione della diversità, cattiva gestione delle opportunità, emarginazione, abuso dei diritti umani, rifiuto di accettare la sconfitta elettorale, manipolazione delle costituzioni, nonché revisione incostituzionale delle costituzioni per servire interessi ristretti e corruzione.

Questa diagnosi purtroppo è in gran parte corretta.
I deficit di governance continuano a tormentare la regione africana poiché i governi eletti non riescono ad affrontare la criminalità e l’insicurezza, la corruzione diffusa, l’impunità ufficiale e a sistemare le infrastrutture e i servizi di base inadeguati.


In mezzo al declino democratico globale intensificato dai colpi di stato militari in Africa, cosa ci dicono le opinioni dei cittadini comuni sulle prospettive di un’Africa democratica?
Afrobarometer, un’organizzazione di ricerca panafricana, ha recentemente parlato con circa 55.000 di loro in un sondaggio fatto in 39 paesi.

Alcuni dei risultati:

La democrazia in Africa

Nonostante i forti venti contrari, l’aspirazione a vivere sotto governi democratici e responsabili rimane forte tra gli africani. Nell’ultimo ciclo di sondaggi Afrobarometer (2021-2023), due terzi degli intervistati hanno affermato di preferire la democrazia a qualsiasi altro sistema di governo.

Sono stati ancora più enfatici nel rifiutare le alternative non democratiche, con circa otto su dieci che hanno rifiutato il “governo di un solo uomo” e il “governo di un solo partito”, mentre quasi sette su dieci si sono opposti al governo militare.

I cittadini hanno anche fortemente sostenuto norme, istituzioni e pratiche associate alla governance democratica, come le elezioni (76%), il limite costituzionale al mandato presidenziale (72%), la conformità presidenziale alle sentenze dei tribunali (69%), il controllo parlamentare dell’esecutivo, la libertà dei media (67%), la competizione multipartitica (64%) e la governance responsabile (61%).  

Tendenze preoccupanti

Ma altre tendenze nel tempo preannunciano un pericolo per il progetto di governance democratica africana. Nell’ultimo decennio, il sostegno popolare alla democrazia è diminuito drasticamente in diversi Paesi.

Anche l’opposizione al governo militare si è indebolita, in media di 9 punti percentuali, in 32 paesi per i quali disponiamo di dati nel tempo

Inoltre, più della metà (53%) degli africani ha espresso la volontà di tollerare l’intervento militare “quando i leader eletti abusano del potere per i propri fini”, mentre poco più di 4 su 10 (42%) ha affermato che i militari “non dovrebbero mai intervenire in politica”. La tolleranza per l’intervento militare è l’opinione della maggioranza in 23 dei 39 paesi esaminati.

Data l’età media dell’Africa di circa 19 anni, gli atteggiamenti dei giovani africani plasmeranno il futuro della democrazia nel continente. La buona notizia è che i giovani (18-35 anni) differiscono molto poco dai loro anziani nel loro sostegno alla democrazia, alle sue istituzioni fondamentali e nel loro rifiuto del governo militare e di altre alternative non democratiche.

Tuttavia, i giovani hanno espresso una maggiore disponibilità a tollerare l’intervento militare se i leader eletti abusano del loro potere: il 56% di quelli di età compresa tra 18 e 35 anni contro il 47% di quelli di età pari o superiore a 56 anni. È interessante notare che i giovani hanno meno fiducia nell’esercito come istituzione rispetto ai loro anziani.

L’offerta di democrazia: un quadro cupo

Mentre gli africani restando fiduciosi verso la democrazia il quadro reale è molto meno incoraggiante.
La percezione di una governance democratica e responsabile da parte dei leader eletti è diminuita nel tempo, come nel caso della libertà di parola e del rispetto presidenziale per i tribunali e il Parlamento, oppure è rimasta stagnante a livelli molto bassi, come nel caso della parità di trattamento di fronte alla legge.

La percentuale di cittadini che valutano il proprio Paese come una democrazia è scesa di 3 punti percentuali, in media.
Più in generale, l’incapacità dei governi di fornire una governance democratica e responsabile prepara la scena per lo scontro tra gli africani e le loro autorità politiche nei prossimi anni.

Cosa si può fare?

Fattore quali la resistenza calante verso prospettive di governo militare e la significativa tolleranza dell’intervento militare rappresentano più una reazione all’incapacità dei leader eletti di soddisfare le aspirazioni democratiche dei cittadini che una vera e propria attrazione per il governo militare in sé.

L’Unione Africa e gli altri attori coinvolti nelle decisioni politiche dei Paesi africani devono quindi adottare misure per migliorare l’offerta di governance democratica, tra cui:

Investimenti nella prevenzione proattiva dei colpi di stato costituzionali attraverso una forte condanna da parte dell’Unione Africana e delle Comunità economiche regionali; la condanna di altri cambiamenti incostituzionali nel governo da parte di leader eletti; garantire tempi fermi per la transizione al governo civile nei Paesi attualmente sotto governo militare, prima delle inevitabili rivolte pubbliche e della brutale risposta che ne seguirebbe.

Condizionalità degli aiuti per promuovere la democrazia e i diritti umani.
La metà (51%) degli africani è favorevole a ricevere gli aiuti dal contesto internazionale offrendo la garanzia di rispettare gli impegni presi.

È probabile che condizionalità degli aiuti venga vista favorevolmente infatti se contribuisce a garantire il desiderio espresso dagli africani di democrazia e governance responsabili.

fonti
report originale Foresight Africa 24

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